“In principio fu il rivestimento“
Adolf Loos 1898

 

QUADRO-SINOTTICO-CRAterre-INTONACI

Tavola sinottica delle lavorazioni in terra cruda daTraité de construction en terre ed. Parentheses

 

 

Djenné 2

rifacimento dell’intonaco della moschea di Djenné

Quando l’uomo lasciò i ripari naturali e decise di abitare luoghi costruiti con le proprie mani, la terra mescolata all’acqua ha certamente rappresentato una risorsa facilmente reperibile e di immediata applicazione. Che sia stata utilizzata o meno per costruire veri e propri muri, è stata senza dubbio l’elemento di consolidamento e protezione del semperiano “Abri Souverain”. Uno strato di terra usato per rivestire l’interno e l’esterno della casa o del luogo di culto, da rinnovare ogni anno perché eroso dalla pioggia. Un rito che si ripete ancora oggi e che assicura la protezione degli edifici pubblici e privati e cementa le relazioni tra gli abitanti dei villaggi, dando vita a fantastiche e innumerevoli decorazioni.

Giunta fino a noi proprio grazie a questa incessante ripetizione dei gesti, la tradizione degli intonaci in terra cruda oggi conosce una nuova vita, caratterizzata da una veloce diffusione nelle costruzioni che mirano ad avere il più basso impatto possibile sull’ambiente, e da una predilizione di scelta quasi univoca in tutti gli interventi di recupero del patrimonio architettonico in crudo.

 

ECOLOGIA, PRESTAZIONI, ESTETICA

 Ecologicamente parlando, fra tutti gli intonaci quelli a base di argilla possono fregiarsi di un LCA (Life Cycle Assessment) dall’impatto bassissimo non subendo processi chimico-fisici di trasformazione, a cui vengono sottoposti normalmente i calcari o i cementi.

Analizzando, abbiamo una prima fase di scavo del materiale dal suolo, a cui segue una macinatura o vagliatura per raggiungere una granulometria adatta ad essere mescolata con acqua. Una volta mescolate terra, acqua ed eventualmente inerti minerali e/o fibre di origine vegetale, l’impasto è pronto per essere messo in opera. Se e quando si decidesse di rimuovere l’intonaco, questo potrà essere smaltito senza particolari precauzioni non avendo al suo interno materiali nocivi per l’uomo o l’ambiente; volendo potrà essere riutilizzato per un nuovo impasto riattivandolo con la sola aggiunta di acqua.

A seconda delle lavorazioni o delle finiture che vengono eseguite sugli intonaci, si possono riconoscere diverse caratteristiche prestazionali, legate anche alla qualità dell’argilla contenuta nel suolo.

ARGILLA-tabella-umidità

assorbimento umidità argilla vs altri materiali

La capacità di scambiare grandi quantitativi di umidità con l’ambiente circostante, conferisce ad una parete in terra la proprietà di regolatore igrometrico: ove vi sia un eccesso di umidità nell’aria, questa verrà assorbita dalla parete che la restituirà quando l’aria circostante sarà secca. D’accordo con gli studi condotti da Gernot Minke, con uno spessore pari ad 1,5 cm un elemento in argilla è in grado di assorbire fino a 200 gr/mq in 24 ore rispetto ai 40 gr/mq di un intonaco a base calce o cemento.

La terra è un materiale dall’elevata densità volumica, fattore che le conferisce una notevole inerzia termica. Questa capacità di accumulare calore è potenziata dall’esteso tempo di sfasamento termico (il periodo in cui un materiale cede il proprio calore all’ambiente), suggerendo l’uso di intonaci in terra in associazione ad impianti di riscaldamento radiante aumentandone le prestazioni.

20141130_172032

termo-intonaco in terra e canapulo

Alla stessa stregua, l’aggiunta di inerti mirati all’alleggerimento dell’impasto può conferire caratteristiche termo-isolanti all’intonaco; sono utilizzati a tale scopo, ad esempio, inerti minerali quali l’argilla espansa o la vermiculite, o di origine vegetale come il sughero, il canapulo o il cippato di legno.

Studi condotti presso l’università delle Forze Armate Federali di Monaco di Baviera hanno rilevato che la terra ha una capacità di attenuazione delle onde elettromagnetiche circa tre volte in più di una parete in pietra, riducendo così i disturbi alla salute derivati da inquinamento elettromagnetico, e chiunque si sia trovato in una casa di terra ha potuto sperimentare la difficoltà a comunicare con i moderni telefoni cellulari.

La qualità estetica degli intonaci in terra è un aspetto che ne sta facilitando la diffusione in ambito decorativo per interni dove i colori degli ambienti sono quelli naturali delle terre che a seconda dei loro componenti assumono toni dal bianco al blu scuro passando per infinite variazioni di ocra, marrone, rosso. Gli impasti, inoltre, sono caratterizzati da tempi di asciugatura lunghi (circa 1 mm al giorno in condizioni ambientali medie), con tempi di lavorabilità lunghi che permettono numerosi effetti decorativi dalla modellazione al graffito.

I COSTITUENTI

Gli intonaci in terra cruda sono malte a base di argilla, legante naturale presente in quantità e qualità diverse in tutti i suoli. La qualità di resistenza meccanica di tale malta è data da una corretta proporzione tra la frazione argillosa e la qualità e quantità degli inerti presenti nella malta stessa, nonché dalla corretta idratazione dell’impasto. Un intonaco ben eseguito non presenta crepe dovute a fenomeni di ritiro (a meno che non si tratti di un ricercato effetto decorativo), né deve lasciare residui polverosi se sfregato, il che è un indice di scarsezza di legante.
La relazione legante/inerti, inoltre, varia in base allo spessore dell’intonaco stesso; così come avviene nella tradizione della calce, ad una diminuzione dello spessore (quindi una malta con sole sabbie fini e limo) corrisponde un aumento della percentuale di argilla.

L’argilla è la parte legante del suolo, la componente che tiene insieme tutte le parti. E’ definita come la più piccola parte derivante dalla disgregazione di una roccia madre sotto l’azione degli agenti atmosferici e trasportata a deposito attraverso piogge, venti o fenomeni glaciatori. La differenza originaria tra le rocce si riflette nel materiale finale, generando argille con differenti colori, capacità colloidali, strutture molecolari, e in grado di conferire differenti qualità di resistenza meccanica ai manufatti (intonaci, mattoni,…) che andranno a comporre.

Gli inerti minerali sono definiti in base alla loro dimensione e generalmente negli intonaci troveremo ghiaie fini, con spessore fino a 6 mm utilizzate per intonaci di corpo, sabbie fino a 2 mm per intonaci di finitura; i limi, con uno spettro che va da 0,02 a 0,002 mm, hanno la funzione di completare la struttura dell’impasto andandone a riempire i vuoti.

Gli inerti vegetali, oltre che alleggerire l’impasto in caso di termo-intonaci, svolgono anch’essi un ruolo nello “smagrimento” degli impasti, legandosi all’argilla del suolo. Vengono diffusamente utilizzate fibre di paglia tritata di diversi cereali (grano, orzo, riso,…), o piante grasse come l’agave sisalana, triturandole fino ad ottenere una lunghezza appropriata allo strato di intonaco che si andrà ad applicare.
Le fibre, nell’intonaco, aiutano ad attenuare le forze di trazione che si sviluppano durante la fase di essiccazione, e che generano fenomeni di ritiro i quali a loro volta producono crepe tanto più profonde quanto maggiore è la percentuale di argilla (o acqua) nell’impasto.

Particolari additivi, generalmente mirati a migliorare la resistenza all’acqua o all’abrasione, possono essere aggiunti tanto in fase di miscelazione dell’impasto quanto in fase di finitura della superficie. Alcune argille, come il caolino, sono meno tenaci di altre e possono dar luogo a fenomeni di sfarinamento superficiale compromettendo la stabilità di tutto l’intonaco. Per aumentare il potere colloidale,quindi, si utilizzano delle sostanze anch’esse per natura colloidali come, le miscele di acqua con farine, amidi, cenere (contenente allumina), caseina, albumina, ma anche metilcellulosa o silicati di potassio o di sodio.

 

APPLICAZIONE

struttura

la struttura di un intonaco

L’applicazione degli intonaci in terra cruda è possibile su qualsiasi superficie previo un adeguamento in caso di supporti inadatti. Quattro fattori principali  fattori concorrono nella scelta dalla struttura stessa dell’intonaco: numero e spessore degli strati da applicare, superficie di partenza, condizioni di esecuzione e qualità ricercate.
Chiaramente il supporto per eccellenza è la terra cruda stessa: mura in adobe, massone, torchis, cob, pisé, offrono una continuità di materiale che è garanzia di una perfetta adesione tra parete e intonaco senza dover aggiungere supporti esterni ma limitandosi a preparare la parete con un’adeguata bagnatura.
Anche pareti in mattoni cotti offrono una texture superficiale sufficientemente scabra da costituire un ottimo aggrappo per un intonaco in terra.
Legno, ferro, cemento armato, devono invece essere migliorati e ciò può avvenire o attraverso la stesura di specifici sottofondi o tramite applicazione di griglie di supporto.
L’attrezzatura utilizzata per l’applicazione della malta è assimilabile a quella convenzionale, e ciò vale tanto per gli attrezzi manuali quali frattazzi, cazzuole, spugne,…, quanto per le macchine spruzzatrici e simili.

 

 

PREMISCELATI E AUTOCOSTRUZIONE

La diffusione attuale degli intonaci a base di argilla ha subito una spinta in avanti nel momento in cui aziende specializzate hanno messo in commercio malte premiscelate per intonaci di fondo o finitura, a cui si deve aggiungere soltanto acqua e che non richiedono una conoscenza profonda del materiale. Il vantaggio principale nell’utilizzo di premiscelati è di saltare le fasi di confezionamento della miscela e quindi limitare l’attrezzatura di cantiere alla sola betoniera.

In termini economici, date la reperibilità praticamente illimitata della materia prima, la terra, e la secondarietà di processi industriali volti alla sua trasformazione in malta, gli intonaci di terra possono essere autocostruiti ad un costo molto basso investendo, per contro, maggior lavoro manuale e tempo.

Direttamente in cantiere, si possono eseguire dei test ( IndaginiTerra) che aiutino a trovare la miscela desiderata e soltanto allora si potrà passare alla lavorazione della terra, probabilmente la fase più onerosa del processo, tesa a raggiungere l’omogeneità dell’impasto. I metodi principali in uso sono due: il vaglio prevede una prima operazione di polverizzazione della terra, che poi passerà attraverso setacci di dimensioni variabili; la macinatura, invece, avviene con l’ausilio della molazza, molto diffusa in italia centro-meridionale ed utilizzata per malte di calce e pozzolana, che ha il vantaggio di creare in un solo passaggio un impasto utilizzando terra umida e non vagliata direttamente dal suolo.

Nella scelta degli aggregati si deve porre particolare attenzione a ghiaie e sabbie: sono da evitare le sabbie di origine marina perché cariche di sali che affiorerebbero in fase di asciugatura lasciando aloni sulla superficie; le sabbie che derivano da macinatura hanno spigoli vivi, fattore che garantisce una struttura interna molto forte ma peggiora la lavorabilità per spessori fini; le sabbie di fiume sono le più versatili in quanto arrotondate dal naturale trasporto, e libere da qualsiasi alterazione grazie al continuo lavaggio a cui naturalmente sono sottoposte.

ATTENZIONE particolare va rivolta al campione di terra che andremo a prelevare: lo strato superficiale dei suoli è ricco di sostanze organiche legate alla vita vegetale ed animale che ospita e pertanto inadatto alla confezione di una malta per intonaco. Al di sotto di questo strato “agricolo” o “arabile”, si trova quello che la Pedologia definisce l’”orizzonte B”, strato da cui si preleverà la terra per gli impasti.

 

 

 

grafici da Gernot Minke